(Articolo da Vicenza Più Viva n. 5, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Sono più gravi le fake news o le notizie non date? Vediamo di chiedercelo, ad esempio, dopo questa notizia letta il 27 dicembre 2023 sul GdV, che alla vicenda di Vincenzo Vozzolo, accusato di molestie a un’impiegata delle Poste ma pienamente assolto anche in Appello, aveva dato ampio spazio sia nelle fasi di indagine che in quelle processuali, tanto più che le violenze alle donne, fisiche o psicologiche che siano, sono, purtroppo, all’ordine del giorno e, con la loro drammaticità, fanno, come si suol dire, notizia.
Ebbene sul quotidiano locale, già condannato per le prime notizie per diffamazione, a fine dicembre si leggeva che il direttore dell’ufficio postale di piazza Castello, Vincenzo Vozzolo, è stato nuovamente assolto in appello dopo nove anni di procedimenti legali sulle “accuse di violenza sessuale e stalking avanzate da un’impiegata“. La Corte d’Appello di Venezia ha confermato la decisione di primo grado, respingendo l’appello della parte civile, che cercava il risarcimento dei danni civili.
Nel 2014, l’impiegata aveva denunciato Vozzolo per molestie sessuali, affermando di essere stata oggetto di apprezzamenti indesiderati e contatti fisici non richiesti. Nel settembre 2020, il Tribunale collegiale aveva emesso la prima assoluzione, sostenendo che il fatto non sussisteva.
La recente assoluzione in appello ha sancito l’innocenza di Vozzolo anche dal punto di vista civilistico, con la Corte che ha rilevato la mancanza di prove sufficienti per supportare le accuse.
La difesa del direttore ha commentato che le denunce infondate danneggiano le reali vittime della violenza di genere. La Corte ha inoltre ordinato all’impiegata di coprire le spese del dibattimento, evidenziando la totale mancanza di fondamento nelle accuse contro Vozzolo e concludendo così una vicenda giudiziaria lunga e controversa.
Notizia, che abbia sintetizzato, e che riporta la conclusione della vicenda, ma parzialmente. Se è vero, infatti, che informa che le accuse al direttore delle Poste, erano infondate, non capiamo perché fare e rifare solo il nome e cognome dell’accusato, totalmente assolto in tribunale ma non si sa ancora se lo sia stato nel ricordo (lettori e pubblica opinione) di chi per lungo tempo ha letto delle sue malefatte non… fatte. Immaginiamo che Vincenzo
Vozzolo abbia subito, lui e la famiglia (moglie e figli), traumi non certo cancellabili solo dalla penna del magistrato.
Ma allora perché la penna (o la tastiera) del collega del GdV non ha riportato anche i nomi e i cognomi di chi, stando alla sentenza di appello, avrebbe calunniato Vozzolo facendogli subire una violenza ora, finalmente per lui, famiglia e amici, acclarata?
Di sicuro lo avrà fatto per una dimenticanza che ora proviamo a rimuovere qui ricordando, però, quante volte succede questo: si accusa mediaticamente Tizio, la gente lo percepisce come colpevole, ma quando viene assolto o non si ridà a Tizio la stessa visibilità (a me è successo e, anche se non è un fatto connesso, Vincenzo è un mio compaesano); oppure, quando si riporta la notizia, perché non si scrive chi ha generato le falsità su cui si è basata l’accusa.
Dalla sentenza, messa il 20 settembre e depositata il 2 ottobre 2023 e a cui il collega avrà attinto le sue informazioni (potete leggerla qui, ndr) tre mesi dopo la decisione, magari con l’aiuto di un qualche legale desideroso di notorietà, si legge facilmente che le false accuse sono state rivolte al direttore delle Poste da Cristina Gallio, con la testimonianza (falsa o errata per un qualche risentimento a cui la sentenza accenna?) a supporto della collega
Moira Cassano., la cui testimonianza per il giudice è “non credibile“. Quando si mette una sentenza generalmente si dice che “giustizia è fatta“.
Ma ora che ci sono i nomi di tutti, dell’accusato innocente, Vincenzo Vozzolo, dell’accusatrice mendace, Cristina Gallio, e della testimone non credibile, Moira Cassano, forse giustizia è fatta un po’ di più…!