Violenza psicologica, Walter Mauriello (presidente di Meritocrazia Italia): Quando le parole lasciano ‘lividi nell’anima’

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Violenza psicologica
Violenza psicologica

Quando si parla di violenza all’interno di una coppia si è soliti pensare a forme di aggressione fisica o sessuale.
Ma la violenza può presentarsi in varie forme, alcune ‘non visibili’ agli occhi di guarda.
Critiche, offese, accuse, mancanza di rispetto, menzogne, ricatti, controllo maniacale sono tipiche manifestazioni della violenza psicologica. Si tratta di una forma subdola di maltrattamento, che mira a sgretolare il valore, il senso di identità, la dignità e l’autostima dell’altro.

Chi esercita violenza psicologica utilizza le parole come arma per ferire.
Se la violenza fisica è oggettiva, in quanto lascia ‘segni’ evidenti sul corpo della vittima, la violenza psicologica entra nell’area della soggettività e non sempre è facile riconoscerla. Si aggiunge che ancora oggi la violenza psicologica è considerata ‘meno grave’ di quella fisica.
Non è così. Essa resta tra le forme di abuso più aggressive.

Alla base vi è sempre uno squilibrio e un amore non sano: il partner tende costantemente a sottolineare l’inferiorità dell’altro, fino a quando la vittima inizia a vedersi ‘con altri occhi’ e a perdere fiducia in se stessa e nel suo valore. Si sviluppa una sorta di dipendenza dal giudizio altrui, ci si sente inadeguati, si va alla costante ricerca di apprezzamento e ci si preoccupa di apparire ‘impeccabili’ nell’aspetto e nel comportamento. Si accompagnano sensi di colpa, disillusione e disistima verso di sé.

Secondo la psichiatra e psicoanalista Sandra Filippini (collaboratrice di molti Centri Anti Violenza), i maltrattamenti psicologici si sviluppano soprattutto nelle relazioni perverse, caratterizzate da una distorsione della realtà da parte dell’aggressore. Per molto tempo la vittima non ha una chiara percezione di quello che sta accadendo ed è confusa, disorientata.
Questa sensazione può essere meglio compresa se si pensa al meccanismo psicologico del c.d. gaslighting, quel comportamento perverso e manipolatorio che induce l’altra persona a dubitare di sè, dei suoi sentimenti, delle sue idee e delle sue percezioni, tanto da farle credere di essere prossima alla pazzia.

Le caratteristiche della personalità di uomini e donne che maltrattano il partner sono spesso riconducibili al disturbo narcisistico della personalità, inteso nelle sue molteplici declinazioni. Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), tale disturbo è caratterizzato da manie di grandezza, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia. Il/la narcisista vede l’altro/a come un oggetto da usare da ‘specchio’ in cui verificare la propria identità e sostenere la propria autostima. È incapace di amare e di coltivare una relazione vera.
È facile comprendere, quindi, come molte donne e molti uomini subiscano il fascino di persone apparentemente brillanti e attraenti, finendo intrappolate in quella che si rivelerà una ‘relazione tossica’.

Molteplici gli atteggiamenti molesti messi di solito in atto dall’aggressore per sottomettere la sua vittima.
Innanzitutto
– il controllo, che consiste nel sorvegliare il partner per imporre il modo di fare le cose, al fine di dominarlo/a (può tentare di controllare spese, relazioni sociali e persino pensieri);
– l’isolamento, ovvero fare in modo che la vita del/la compagno/a ruoti esclusivamente attorno a lui/lei, impedendogli/le di vedere la propria famiglia, gli amici, fino a negare il diritto di lavorare o di avere una vita sociale;
– la gelosia patologica, ovvero quel tipo di gelosia che non ha fondamenta reali e che pretende presenza continua, che nutre continui sospetti, rimprovera, attribuisce false intenzioni, che cerca prove a tutti i costi ed estorce confessioni per cose mai fatte;
umiliazioni e critiche avvilenti, che minano l’identità della vittima e la convincono di non essere degna di essere amata (spesso le umiliazioni riguardano la sfera sessuale e provocano ulteriore senso di vergogna; a ciò possono aggiungersi battute sarcastiche, parole offensive e sprezzanti, osservazioni sgradevoli, sempre con lo scopo do annientare l’autostima e la dignità dell’altra persona);
intimidazioni e minacce: rompere un oggetto per esprimere rabbia, sbattere una porta, guidare in modo pericoloso, giocherellare con un coltello in mano, sono tutti comportamenti messi in atto per incutere terrore, arrivando anche a minacciare di picchiare, togliere i figli, fare del male a familiari ed amici, lasciare senza soldi, suicidarsi;
– l’indifferenza alle richieste affettive: l’altro è usato come un oggetto e i suoi sentimenti e i suoi bisogni non vengono affatto considerati; il narcisista può addirittura essere incurante della salute fisica o psicologica della persona che ha a fianco, desiderando, ad esempio, un rapporto intimo dopo una violenta discussione, pretendendo che svolga lavori anche se malato/a o rifiutandosi di accompagnarlo/a in ospedale, anche se assolutamente necessario.

Da sottolineare, poi, come, anche dopo una lite violenta, il narcisista tende a rimanere calmo, a non alzare il tono di voce, facendo in modo che sia la vittima, esasperata, a urlare, accusandola, così, di isterismo. La comunicazione si basa su messaggi vaghi, imprecisi, lasciati a metà, così da creare ancora più confusione nel partner e indurre sensi di colpa.
Un manipolatore narcisista, comunque, potrebbe trasformarsi in un individuo violento e pericoloso in qualsiasi momento.

Sia dal punto di vista giuridico che sociale, non viene data la giusta importanza agli attacchi psicologici subiti dalle vittime. Eppure, le conseguenze derivanti da questo tipo di violenza sono molto pesanti: sviluppo di disturbi psicosomatici o malessere psichico sotto forma di attacchi di panico, disturbi d’ansia, disturbo depressivo maggiore, disturbo del sonno e, in alcuni casi, un vero e proprio disturbo da stress post-traumatico.

Ma quali sono le prede preferite da un narcisista?

Ci sono persone che, per caratteristiche della personalità o per esperienze di vita, attraggono involontariamente un individuo narcisista.
Le vittime sono state così classificate:
– la badante: capace di soddisfare le necessità dell’altro, si prende cura di chi le sta accanto, mettendo avanti ai propri bisogni quelli altrui (ad attrarre il narcisista è la disponibilità a compiacerlo, mentre ricambia con un apparente soddisfacimento degli altrui bisogni, tra cui nutrire una scarsa autostima);
– il mansueto: persona che evita in ogni modo i conflitti e cerca sempre un compromesso, preferisci rinunciare piuttosto che confrontarsi (questa tipologia di persona è una facile preda per il narcisista, in quanto richiede poco sforzo per imporgli la sua volontà);
– l’altamente empatico: individuo con sviluppata sensibilità, che riesce a mettersi nei panni degli altri e cercherà di aiutare anche il narcisista; il risultato, per la vittima, sarà una relazione emotivamente devastante, fatta di manipolazione e sofferenza, alternata alla speranza di un cambiamento (il narcisista fa credere di avere bisogno dell’altra persona, ma contemporanemante la tormenta con ricatti emotivi, svalutazioni e tradimenti, per poi chiedere scusa);
– il desiderabile: persona che possiede qualcosa che il narcisista desidera, sia materiale (ad esempio, un certo posto di lavoro) sia immateriale (fascino, simpatia). Egli instaurerà una relazione parassita per imitare la persona con queste caratteristiche, lusingandola ed emulandola, per ottenere gli stessi risultati;
– l’abusato: individuo che ha subìto un trauma o un abuso, cresciuto in una famiglia disfunzionale e non sa cosa significhi stabilire una relazione emotivamente sana. Replica modelli relazionali vissuti in famiglia, non riconosce quindi la disfunzionalità del rapporto presente e, di conseguenza, tollera maltrattamenti e abusi senza neppure accorgersene;
– la persona con bassa autostima: individuo che crede di non meritare considerazione e rispetto, per cui tende ad ‘accettare’ continui maltrattamenti, tanto da non mostrare alcuna resistenza difronte a svalutazioni ed offese. La totale assenza di fiducia in sè e la bassa autostima non permettono di riconoscere il proprio valore. Ciò comporta il mettere la propria vita in mano ad altri e tra questi potrrebbe esserci un narcisista.

Non di rado, la vittima di un narcisista sviluppa una dipendenza affettiva, che non le consente di staccarsi dal proprio carnefice.
L’amore si confonde con la dipendenza. La tossicità del legame incrementa nella donna un’astinenza di amore, rafforzata dal bisogno di sentire che il compagno necessita del loro aiuto.

L’abuso emotivo, come le altre forme di violenza, prospera nell’oscurità e, s’è detto, è molto difficile da identificare.
Per uscire da situazioni relazionali così complesse, la prima cosa da fare è prendere consapevolezza che quello che si sta vivendo è un amore tossico e per liberarsene occorre chiedere aiuto.
La seconda è sapersi perdonare. Se si continua a restare concentrati su ciò che si è subìto e sulla cattiveria dell’aggressore, non si potrà andare avanti. Le vittime di un abuso psicologico portano nell’animo le ferite e meritano di volersi bene.

Peraltro la violenza psicologica perpetrata con dolo può integrare:
– il reato per maltrattamento contro un proprio famigliare o un convivente (art. 572 c.p.);
– il reato di minaccia (art. 612 c.p.);
– il reato di stalking (art. 612 bis c.p.);
– il reato di violenza privata (art. 610 c.p.).
Inoltre, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica dell’11 maggio 2011 (ratificata con l. 27 giugno 2013 n. 77) all’art. 33 («Violenza psicologica») obbliga le parti ad adottare le misure legislative o di altro tipo necessarie per penalizzare un comportamento intenzionale mirante a compromettere seriamente l’integrità psicologica di una persona con la coercizione o le minacce, e all’art. 34 («Atti persecutori») obbliga ad adottare le misure legislative o di altro tipo necessarie per penalizzare un comportamento intenzionalmente e ripetutamente minaccioso nei confronti di un’altra persona, portandola a temere per la propria incolumità.

Per aiutare le vittime di violenza di genere, sia fisica che psicologica, nonchè economica, sono sorti in tutt’Italia s, nel corso degli anni, vari Centri Anti Violenza, con lo scopo di dare a queste persone ascolto e supporto. Inoltre, il Dipartimento per le Pari Opportunità ha istituito, da tempo, il numero gratuito antiviolenza e stalking 1522, attivo 24 ore su 24. Esiste, poi, YouPol, un App realizzata dalla Polizia di Stato per segnalare episodi di spaccio e bullismo, estesa anche ai reati di violenza che si consumano tra le mura domestiche.

Tutto questo, però, anche alla luce degli ultimi dati rilevati, risulta ancora insufficiente per contrastare in maniera incisiva la violenza di genere. Urge una profonda rivoluzione culturale capace di sbaragliare i tanti stereotipi che umiliano e calpestano la dignità dell’essere umano, soprattutto del genere femminile.

Si reputa, altresì, necessario:
– un lavoro sinergico tra Scuola e Famiglia per favorire l’educazione al rispetto per l’altro e alla valorizzazione delle diversità;
– la previsione di un monte ore da dedicare a corsi di autostima e consapevolezza di sè;
– una maggiore capillarità dei centri anti violenza sui territori, per una risposta più immediata e tempestiva di supporto a donne e uomini vittime anche di violenza psicologica;
– maggiore attenzione alle politiche attive del lavoro dedicate alle donne, affinché si creino condizioni di indipendenza economica che assicurino l’autonomia necessaria per sentirsi più libere e serene nell’esercitare i propri diritti, poichè l’autonomia economica è lo strumento fondamentale ed imprescindibile per ridefinire qualsiasi percorso di vita;
– costituire ‘case di comunità’ per gli uomini accusati di violenze fisiche e/o psicologiche conclamate, che si occupino di costruire percorsi di recupero psicologico.

«Come fai a spiegare il vuoto e la paura che hai dentro, quando tutto ti sembra insormontabile, quando ti guardi allo specchio e non riconosci più la figura riflessa? Quando fai fatica a ricordare persino il tuo nome? Quando apri gli occhi al mattino con la solita domanda che ti martella il cervello… ‘Cosa dovrò aspettarmi oggi?’ ‘Cosa sarà ancora capace di fare?’ Impossibile comprendere per chi non ha vissuto certe situazioni… Quando entri nella rete di un manipolatore narcisista, bugiardo cronico e traditore seriale la tua vita diventa il peggiore degli incubi e la paura tua intima amica. È così bravo a farti credere che il giallo non sia giallo, ma verde, ad esempio, che inizi a dubitare sul tuo stato mentale… Ti fa terra bruciata attorno, riesce a farti allontanare da tutti coloro che possono aprirti gli occhi».
[Simona Matteucci, vittima di violenza]

«Credo che ogni giorno debba essere il 25 novembre… Bisogna educare al rispetto di ogni essere umano in quanto tale. Ci siamo così abituati ad ogni forma di violenza, che ormai non ci indigniamo neanche più e, invece, dovremmo farlo! Dobbiamo fermare la cultura della ‘donna-oggetto’. L’amore non è predominio sull’altro, l’amore non è controllo, sopraffazione… L’amore è rispetto, calma, pazienza, bontà. L’amore è un dono, significa accettarsi nei propri limiti e differenze, è condivisione di gioie e dolori. L’amore non fa male, ma solo bene, al corpo, alla mente, all’anima e per amare davvero un’altra persona, prima di tutto bisogna amare se stessi».
[Assunta Bagno, vittima di violenza]

Fonti:
www.gruppomacro.com/blog/crescita-personale/violenza-psicologica-consigli-per-riconoscerla-superarla
www.unobravo.com/post/la-violenza-psicologica-nella-coppia
www.ipsico.it/news/violenza-psicologica-quando-le-parole-lasciano-i-lividi
www.trend-online.com/diritto/violenza-psicologia-reato-denunciare

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Fonte: Violenza psicologica

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