“Vita da basket” di Michele Cogno: esplora i motivi profondi che lo hanno spinto a giocare a pallacanestro

658

La puntata numero 19 di Wild Side Basketball è iniziata con due chiacchiere rapide sul libro scritto da Michele CognoVita da basket“. Un libro che parla di sport e di leghe minori dove tantissimi di noi hanno giocato e sono cresciuti. È un libro che esplora i motivi profondi che hanno spinto Michele a giocare a pallacanestro.  Per chi fosse interessato, sabato 3 febbraio, ore 17 presso la biblioteca di Camisano Vicentino Michele presenterà il suo libro assieme a Francesco Poroli, autore del libro Luke Kobe. A condurre il pomeriggio, Edoardo Sperandio di Wild Side Basketball.. Il libro è disponibile anche sul nostro shop (clicca qui) e di seguito vi proponiamo la prefazione di Mauro Sperandio.

PRESENTAZIONE
di Mauro Sperandio

Fare la prefazione di un libro come questo può apparire cosa facile. Parlare di un amico, di una persona cui vuoi un sacco di bene, con cui riesci sempre, su qualsiasi argomento, a trovare una comune linea d’intenti, sembra la cosa più semplice del mondo. In realtà, parlare di un “personaggio” poliedrico come Mi- chele, non è così facile. Ci sarebbero tante cose da dire, mille aneddoti da rac- contare, centinaia di persone da citare che probabilmente bisognerebbe scrive- re un tomo alla Tolkien, ma non ho questa possibilità, quindi cerco di stringere. Michele è una persona che riesce a sorprenderti ogni giorno. Ogni giorno un nuovo interesse, una nuova idea, a volte una nuova bizzarria. Eppure non riesci a non restarlo a sentire, riesce a mettere un così sano entusiasmo in tutto quel- lo che fa, che comunque finisci per farti travolgere e farti coinvolgere nei suoi progetti.
Come quando mi parlò di questo libro. Alcuni anni fa, per prenderlo in giro mi offrii di fare la prefazione e invece lui, tutto serio e sorridente, mi rispose che gli avrebbe fatto molto piacere. C’è riuscito anche stavolta e ora sono qui a scrivere del nostro Mit. All’inizio – scusa Mit – ho pensato ad una auto celebrazione, in- vece poi parlandone insieme mi sono accorto che non stavo capendo la sua ne- cessità di far conoscere agli altri il suo amore per il basket; di restituire al basket ed alle persone che gli sono state vicine, qualcosa che viene dal profondo del suo cuore. E per questo mi sento doppiamente onorato di essere un suo amico e ad essere qui a scrivere queste righe.
Ho avuto il piacere di conoscere Mit – inizialmente solo di nome – parecchi anni fa, durante il suo periodo in Trasteverina e di vivere l’anno di quella storica promozione in C2. Ricordo bene che io e mia moglie portavamo nostro figlio Edoardo a vedere le partite alla Bortolan dove trovava gli altri ragazzini del mi- nibasket. Ricordo quindi molto bene quella pazza furiosa della Marta seduta in
tribuna dietro di noi che non smetteva un attimo di gridare, ricordo le sue core- ografie, ricordo l’incontenibile James. Soprattutto ricordo i dreads e i tatuaggi di Michele – ahahaha – che lo facevano sembrare un vero duro e invece forse erano il suo modo di sconfiggere la timidezza, di far vedere ai compagni ed alla gente che “lui c’era”. Ricordo quella volta mentre assisteva alla partita dalla tribuna, che Bertilla gli chiese come andava il suo infortunio e lui che rispondeva – timi- dissimo – tutto rosso in viso, quasi balbettando, quasi incredulo che una persona sconosciuta si interessasse a lui.
In campo però non è mai stato timido. Lui, solido, corretto, giocatore della vecchia scuola, molto preparato sui fondamentali del basket dalla scuola del maestro Bepi Beato, andava sempre in campo con sicurezza, trasmettendo ai compagni quel senso di solidità, di tranquillità. Tutti sapevano fin dall’inizio che su di lui si poteva contare. Sempre.
Ci siamo poi conosciuti personalmente nell’estate del 2012. Ricordo bene quel- la serata all’Enfant Prodige. Il Quinto Miglio Basket aveva un gruppo di ragazzi che stavano ultimando il percorso dei campionanti giovanili e – per non di- sperdere il gruppo – avevamo pensato di formare una squadra che partecipasse al campionato di Seconda Divisione amalgamandoli ad alcuni allenatori del settore giovanile e a qualche “maturo” che avesse ancora voglia di giocare e di trasmettere le proprie esperienze. Quando venne fuori il nome di Mit ricordo che dissi: “Chi?? Quello strano con i dreads e i tatuaggi – sia chiaro, questa è la versione molto edulcorata di quella frase – che giocava in Trasteverina?? Ma siete sicuri??” Invece fu simpatia fin da subito. Lui stava giocando a pallavolo e s’im- pegnò a venire una volta la settimana ad allenarsi ed alle partite. A fine campio- nato arrivava in palestra mezzora prima degli altri e se ne andava mezzora dopo. Negli anni a seguire ho conosciuto la sua storia, i suoi interessi, le sue passioni. Michele non è mai stato e non è una persona così espansiva. Certe cose gliele devi carpire, un po’ alla volta ma quando poi lo conosci intimamente capisci che la sua vita, di uomo e di atleta ha un suo filo conduttore; la tenacia. La pas- sione per l’economia, i pomeriggi al campetto fra mille partitelle ma anche ripe- tendo fino alla nausea quel movimento, quel tiro, per migliorare le sue capacità ma anche e forse soprattutto per rendersi più utile a chi gli è vicino.
Aneddoti da raccontare? Tantissimi ma non voglio sostituirmi. Li troverete in
questo libro.
A proposito: solo una cosa: non invitatelo a cena o comunque non offritegli da mangiare. Durante il nostro viaggio negli Stati Uniti ho conosciuto anche il Mit capace di mangiare quantità industriali di colesterolo e grassi – quello non era cibo Mit!! Lui appena finito di mangiare tirava su la maglietta per farti vedere quanto cresceva la “panza”…
Concludo solo con un augurio sincero. Continua così Mit, sii sempre te stesso e non cambiare mai. Grazie della tua amicizia.

Mauro