Vita da soprano fuori dagli schemi: Alessandra Borin, la rivoluzione con le note

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Alessandra Borin
Alessandra Borin

(Articolo su Alessandra Borin da VicenzaPIù Viva n. 12sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Nata per il canto classico e non solo, trasuda energia tra teatro, scrittura, recital, podcast, vocal coaching e lezioni al… Quadri. Per trasmettere la “sua” arte firmerà la rubrica “Musica: la colonna sonora della storia”.

La fuga dagli schemi, i suoi Concerti Teatrali, la mission di “scongelare” la musica classica e avvicinarla al pubblico di oggi, il recupero di quella vocale sacra dell’800 italiano con percorsi musicali inediti, il vocal coaching nelle aziende, l’impegno con i ragazzi al liceo Quadri, i podcast ironici sul suo quotidiano dietro le quinte. E presto anche una rubrica su questo giornale: “Musica: a colonna sonora della storia”. Conosciamo dal vivo un’artista vulcanica.
Come ogni vero artista pronto a sacrificare l’ego all’arte, anche a scapito anche di una facile fama, lei non molla. E combatte, distinguendosi. Unica a portare in scena spettacoli scritti, recitati e cantati da una sola persona (lei), unica a combattere con la musica classica quella consumistica ma con innovazione, unica in Italia a riscattare la musica vocale sacra dell’800 italiano troppo spesso dimenticata. Semplicemente, unica. È questa la sola definizione che,
dopo averla conosciuta, sorge spontanea per Alessandra Borin, che dentro qualsiasi altra singola definizione proprio non ci può stare. Soprano indipendente, studiosa e interprete lirica, scrittrice e attrice, paladina dell’arte e, dico io, mediatrice culturale di una cultura musicale che manca. Sono solo canzonette, non mettetemi alle strette: la citazione di Edoardo Bennato è forse azzardata, ma proprio perché le performance artistiche di Borin sono tutt’altro che canzonette, di strette nella sua vita professionale ne ha subite (e respinte) tante.
Perché quando un talento, un’anima sono puri non vengono compresi, se va bene, e danno fastidio se va male. E comunque non rientrano nell’economia del sistema. Che sono pazzo ed incosciente – Sono un irriconoscente – Un sovversivo, un mezzo criminale, continua Bennato. Borin, soprano fuori dagli schemi, per motivi che lei stessa definisce “etico-morali” non scende mai a facili compromessi e nella vita si muove contando solo sulle sue gambe. O per meglio dire sulla sua – splendida e duttile -irrinun voce, che non usa “solo” per cantare, ma per “urlare” le sue convinzioni.

Alessandra Borin
Alessandra Borin

In realtà la nostra conversazione è stata tutt’altro che urlata: se sul palco Alessandra porta un’immagine nuova di soprano, che si spoglia di ogni rigido cliché, nella vita di tutti i giorni le riconosci subito modi eleganti, pacati e gentili che hanno qualcosa di lirico, che stride col mondo frenetico, a tratti brutale intorno a noi. Nata a Roma da mamma trapanese e babbo veneziano, vissuta a Vibo Valentia, Viterbo, Venezia e Vicenza, “città tutte con la V” come sottolinea con un sorriso, dopo la laurea in critica musicale a Venezia, si sposta nel capoluogo berico perché è qui l’unico Conservatorio, il Pedrollo, in cui specializzarsi in Musica Antica, prima, e Musica Vocale da Camera poi. Con questo bagaglio iniziale, perché Borin come vedremo è una che di studiare, anche fuori dagli atenei, non smetterà mai, “sui 25-30 anni -racconta- comincio a occupare gli interstizi del mondo della lirica”.
Si avvicina alla Commedia dell’Arte e al teatro di prosa, collaborando come soprano con importanti realtà vicentine, e mette sempre più a fuoco la sua personale definizione di artista.
Le istituzioni che contano davvero, come l’Accademia Olimpica, non restano indifferenti alla sua personalità e al suo talento. Contrariamente a quanto tanti mostrano di credere (e praticare), «non fai l’artista per l’ego personale, per mostrare agli altri quanto sei capace: l’artista è al servizio dell’arte, il tuo è un ruolo di caratterizzazione sociale, muovi gli animi, racconti quello che non è noto». E puoi mettere in una luce nuova quello che è noto per i motivi sbagliati… come la musica classica. La missione di Alessandra è dimostrare quanto la musica classica (dall’antica alla lirica) non solo non sia vecchia, ma se proposta con un approccio diverso, se contestualizzata nell’epoca che l’ha vista nascere e adattata emotivamente al sentire dei nostri tempi, se soprattutto mossa contro le logiche politiche ed economiche che in era moderna hanno stravolto il concetto di musica, può non solo affascinare ma tornare utile.

In che modo?

“La musica e l’arte in genere – spiega Alessandra Borin – è quello che ci differenzia dagli animali perché concretizza in materia il nostro universo interiore, è uno specchio in cui guardarsi. In un mondo che corre sempre, c’è bisogno di rieducare all’ascolto del dentro e del fuori. Quello a cui veniamo condotti con la musica di oggi è un ascolto superficiale, di sottofondo mentre dobbiamo vedere la musica come una risorsa per noi stessi, uno spazio, sempre più raro, di riflessione. La musica con la M maiuscola, per come la vedo e la vivo io, non può essere la canzonetta che ti tiene compagnia al bar o mentre guidi, ma piuttosto un portale di accesso alla tua anima per dirti anche ciò che non sai di te stesso”.
Uno di quei concetti talmente “semplici” che è più difficile spiegarli, che metterli in pratica. Ecco perché Borin nella sua particolarissima arte, aborre le lunghe presentazioni prima dei concerti, le banalizzazioni e punta a parlare dritto al cuore del pubblico. “Si, perché rielaborare con i giusti criteri la ricerca musicale abbatte le distanze, sia fisiche che temporali.
Con la musica antica e classica, se ti distacchi dalla mera esecuzione, dalla scelta dei soliti brani noti e sviluppi un racconto emotivo, scopri che il sentire non passivo di ieri e di oggi non è cambiato nei secoli”.

Il podcast di Alessandra Borin
Il podcast di Alessandra Borin

Concretamente, questo che cosa ha cambiato nella tua vita?

“Che mi sono concentrata nello sviluppare dei recital, diciamo così, che ho chiamato Concerti Teatrali (ndr: un marchio registrato) e che produco su commissione di enti pubblici e privati, dove a scrivere, recitare e cantare è una sola persona, cioè io. Così facendo riesco a prendere il pubblico per mano e a condurlo in luoghi sconosciuti, non solo della storia della musica, ma di se stessi.
Fuori da questo mondo basato sull’immagine, come artista voglio essere un mezzo non solo per veicolare la musica, ma per condurre chi ascolta a guardarsi dentro, per riscoprirsi umano verso quello che dovrebbe essere l’obbligo di tutti: la felicità”.

Da dicembre la nuova rubrica di Alessandra Borin “Musica: colonna sonora della storia”

Ogni epoca ha un paesaggio sonoro che la definisce; la musica è quindi, a tutti gli effetti, la colonna sonora della storia. La rubrica a firma di Alessandra Borin, che esordirà con il prossimo numero di VicenzaPiù Viva, in edicola dal 10 dicembre, accompagnerà i lettori in un viaggio nel tempo tra curiosità, aneddoti bizzarri, intrecci inaspettati, esistenze avventurose di artisti e compositori, per riscoprire che ogni evento del passato ha una sua melodia e che in ogni luogo o vicenda c’è molta più musica di quanto potessimo immaginare.

Quindi la musica classica è una incompresa?

“Si. Oggi come oggi è relegata a un ruolo polveroso, perché nel tentativo di conservarla la si è congelata. Occorre una rivoluzione, per rivitalizzarla e per stimolare la curiosità di chi ascolta. Per farlo io ho scelto di incrociare musica e racconto. Lavoro -e tanto, faticosamente, perché non smetto mai di studiare, di fare ricerche musicali, storiche e filologiche per i miei Concerti Teatrali- per persuadere il più possibile a rivedere il vecchio, statico e ammuffito concetto di musica classica. Quello a cui invito è un ascolto partecipato, contemplativo e innovativo”. Insomma, impariamo che la musica antica, che crediamo di conoscere o che non conosciamo affatto, è regalità, non ieraticità.

Quindi tu che ti muovi in un ambiente di sacralità e devozione, che incute quasi soggezione, invochi un po’ di leggerezza?

“Assolutamente si. Allora, facciamo chiarezza: fare arte non è facile, come si vuol far credere oggi, complice anche il dilagare di talent show. L’arte è studio e passione e almeno fino agli anni ’80 si era consapevoli dell’impegno che implicava cantare. Ma quello che dobbiamo arrivare a trasmettere deve essere qualcosa di non faticoso (che non significa superficiale) per il pubblico, che deve sentirsi coinvolto, toccato, emozionato e spinto all’introspezione”.
Vale a dire che il “sudore” dietro una performance artistica non deve comportare “sudore”, o peggio ancora noia, in chi assiste. Ecco perché, oltre alle delusioni, le occasioni mancate, gli scontri con un ambiente che risponde a regole altre, la genialità e la lungimiranza di Alessandra Borin l’hanno spinta ad “andare contro” e mettere in atto la sua personale rivoluzione.

Hai rivoluzionato il ruolo di soprano ma anche il panorama musicale attorno a te…

“Si. Ho abbracciato percorsi di musica inedita, come ad esempio quello della musica sacra italiana dell’Ottocento, che assieme a un collega organista tento di far conoscere come testimonianza della creatività italiana in questo ambito. Sono costantemente impegnata in ricerche su autori del nostro repertorio dimenticati in favore di autori stranieri.
Porto al pubblico musica che seppur vecchia è “nuova”, nel senso che non è mai stata eseguita in tempi moderni.
La libertà di diffondere il repertorio della propria nazione e l’afflato sacro che lo anima è impagabile. Adoro far rivivere mondi dimenticati in modo moderno, sono reduce proprio ora dalla creazione di un Festival dedicato esclusivamente alla Musica Vocale da Camera per far conoscere al grande pubblico questo repertorio così raffinato. Il canto per me è parte intrinseca della mia essenza. Sul palco io non mi esibisco, mi esprimo con canto e parole. Cerco di farlo al meglio di me stessa per condividere ciò che amo e suscitare empatia, perché mi si possa ascoltare con gioia, curiosità e sogno”.

Personalmente non ho ancora assistito a un tuo concerto, però di gioia ne ho provata e di risate me ne sono fatta ascoltando i tuoi podcast.

“Quello del Covid è stato un periodo duro per tutti, ma per me artista è stato una ferita: non solo il non potersi esibire, ma sentire come veniva trattato il mondo della cultura dai nostri politici è stato un colpo al cuore. È nato così il mio blog Vita da soprano, volutamente senza immagini dove la voce è sovrana, che vuole far capire come l’artista in fondo sia un artigiano, un outsider. Senza timore svelo tutti i dietro le quinte, cioè quelli della mia vita vera prima, durante e dopo i concerti, in modo leggero e autoironico. Alla gente piace e registrarli diverte anche me.

Sei anche vocal coacher nelle aziende e tieni lezioni comparative e interdisciplinari di storia della musica al liceo Quadri di Vicenza, altri obiettivi?

«Quella nella scuola è un’esperienza bellissima, cui tengo molto perché, grazie alla lungimiranza del dirigente e alla concomitanza di intenti con un docente appassionato di musica ho potuto sei anni fa iniziare questo progetto che mi consente di far conoscere la storia della musica in una scuola superiore, là dove, inspiegabilmente, il programma ministeriale non prevede la materia. I ragazzi sono molto recettivi e questo mi da molte speranze! Mettere a servizio degli altri il sapere acquisito dà valore a tutti gli sforzi compiuti. Anche per questo mi metto a disposizione nei progetti di public speaking per le aziende in modo che le persone in vari ambiti possano comprendere l’importanza del suono e della voce.
La dimensione del suono pervade ogni aspetto della nostra vita. Anche per questo mi piacerebbe poi poter diffondere ancor più il mio monologo Vita da soprano tratto dai podcast, che ha visto ancora troppo poco la scena… un altro modo che con ironia vuole sensibilizzare ad ascoltare e ascoltarsi. I progetti poi sono tanti, ma l’obiettivo che li anima è uno, la mia missione: dimostrare che la tradizione musicale è sacra ma ha bisogno di innovazione come dell’ossigeno, che educare alla musica è essenziale ma farlo pedagogicamente è controproducente, che comprendere i diversi linguaggi, della musica ma anche di chi ti sta di fronte, è essenziale. Quando il vil denaro (il commercio) entra nell’arte, l’arte diventa consumismo e questo si chiama regime, quindi il mio obiettivo principe è restare libera e indipendente. Voglio semplicemente essere io. Io sono la Borin, voglio poterlo dire sempre».
E con l’accenno al regime, alla (mal)gestione della cultura da parte della politica e all’arte come forma e libertà di espressione, non posso che chiudere col citare, Borin mi perdoni, altri due passaggi della canzone di Bennato:

E la voglia di cantare

E la voglia di volare
Forse mi è venuta proprio allora
Forse è stata una pazzia
Però è l’unica maniera
Di dire sempre quello che mi va
(…)
Ma che ci volete fare
Non vi sembrerò normale
Ma è l’istinto che mi fa volare
Non c’è gioco né finzione
Perché l’unica illusione
È quella della realtà, della ragione
ma invitando a scoprire tutto di Alessandra nel suo sito www.alessandraborin.it e soprattutto a seguire la sua nuova rubrica che aprirà anche ai lettori di VicenzaPiù Viva.
Le immagini di questo articolo sono state scattate da Marco Chierico.