La riforma del congedo parentale. Conciliare attività lavorativa e vita familiare è ancora troppo spesso un’impresa ardua.
Completare la riforma già avviata del congedo parentale è essenziale.
Un’azione politica adeguata deve avere a che fare con la miglior tutela della salute del bambino e della madre, specie per il momento successivo al parto, e con il soddisfacimento dei bisogni affettivi della prole, oltre che con la serenità di vita dell’intera famiglia.
Il migliore esempio viene dalla Spagna, dove i giorni di congedo sono equivalenti per entrambi i genitori: 16 settimane di congedo non trasferibile, pagate al 100%, delle quali obbligatorie le prime 6, subito dopo la nascita, e facoltative le successive, da utilizzare a tempo pieno o part-time.
Si difendono anche i Paesi scandinavi, da sempre all’avanguardia nel sostegno alla famiglia. In Norvegia, sono previste 46 settimane pagate al 100% o 56 settimane all’80%, delle quali 12 per la mamma e 12 per il papà, e il resto da dividere fra i due (a oggi il 90% dei papà ne beneficia). In Svezia ogni genitore ha diritto a 12 mesi di congedo da condividere, ma sono obbligatori almeno 2 mesi a testa. In Danimarca c’è ancora differenza tra i genitori, visto che su 52 settimane solo 2 spettano al padre, 14 alla madre e il resto da spartire in modo equo. Alla Finlandia va una menzione speciale per aver annunciato da tempo di equiparare i mesi di congedo fra i due genitori.
In Germania si ha diritto a 12 mesi di congedo parentale, che diventano 14 se ne beneficia anche il papà (per almeno 2 mesi), retribuiti al 67% dello stipendio che si abbassa al 65% per stipendi medi (superiori a € 1.200). Da notare però, a differenza dei Paesi del Nord, che sono ancora molto pochi i papà che chiedono di beneficiare dei mesi concessi, oltre ai 2 canonici che coincidono con la nascita del figlio, in alternativa alla partner.
In Francia, infine, solo recentemente il congedo di paternità è stato aumentato da 14 a 28 giorni, di cui i primi 7 obbligatori, ma a fruirne sono soprattutto i papà con lavoro stabile e i dipendenti pubblici per l’88%.
In Italia, il congedo di paternità è una conquista recentissima. Fino al 2013 non esisteva ed era una sorta di congedo sostitutivo a quello materno, del quale il papà poteva beneficiare solo in pochi casi molto particolari.
Con l’intento di realizzare una più equa suddivisione delle responsabilità tra i genitori, finalmente il d.lg. n. 105 del 2022 dà attuazione della direttiva 2019/1158/UE, mettendo ordine alla frammentarietà normativa nell’ottica di maggiore semplificazione e comprensione, con le seguenti novità:
– è introdotta una nuova tipologia di congedo di paternità, obbligatorio per 10 giorni lavorativi e fruibile dal padre lavoratore nel periodo compreso tra i due mesi precedenti ai cinque successivi al parto, con raddoppio in caso di parto plurimo e possibilità di congedo del padre anche durante quello concesso per maternità alla madre;
– in caso di genitore solo, il diritto al congedo parentale spettante è incrementato da 10 a 11 mesi, per una maggiore tutela dei nuclei familiari monoparentali. I mesi di congedo parentale coperto da indennità al 30% salgono da 6 a 9 e passa da 6 a 12 anni l’età del bambino entro la quale i genitori, anche adottivi ed affidatari, possono fruire del congedo parentale;
– è esteso il diritto all’indennità di maternità in favore delle lavoratrici autonome e delle libere professioniste, anche per eventuali periodi di astensione anticipata per gravidanza a rischio;
– è riconosciuta la priorità per le prestazioni di lavoro in modalità agile alle richieste di lavoratori o lavoratrici con figli fino a 12 anni o senza alcun limite in caso di figli disabili. La stessa precedenza è riconosciuta ai lavoratori che siano caregiver. Tali lavoratori non possono essere sanzionati né possono essere destinatari di misure che possono avere effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro;
– è introdotta la possibilità di usufruire di 3 giorni di permesso mensile retribuito, per lavoratori dipendenti pubblici o privati impegnati nell’assistenza di persone con gravi disAbilità, non ricoverate a tempo pieno, con cui abbiano rapporti coniugali o di unione civile o convivenza o di parentela entro il secondo grado;
– sono previste sanzioni per i datori di lavoro che ostacolano la fruizione del congedo di paternità obbligatoria (ad esempio, l’impossibilità di ottenere la certificazione della parità di genere se hanno avuto tali condotte nei due anni precedenti la richiesta di certificazione);
– sono predisposti servizi digitali da parte dell’Inps per informare e promuovere l’accesso ai congedi e ai permessi disponibili.
Tutte queste iniziative, in un sistema di programmazione integrata, dovrebbero essere accompagnate da politiche orientate alla ripresa economica e a quel cambiamento di un modello di sviluppo che ha mostrato limiti notevoli finora.
In particolare, sarebbe opportuno:
– abbattere la retta degli asili nido e aumentare questa tipologia di strutture in modo da consentire una migliore conciliazione tra vita privata e lavoro, oltre a dare la possibilità alle famiglie con condizioni economiche precarie di sostenere tali costi;
– rimodulare gli orari della scuola pubblica consentendo di conciliare gli orari scolastici con gli orari lavorativi della famiglia, attivando corsi pomeridiani dedicati ad attività extrascolastiche;
– riorganizzare le attività lavorative, calibrando la retribuzione non sui tempi di impegno ma su obiettivi e progetti;
– prevedere, all’interno delle aziende, percorsi formativi volti ad aumentare la consapevolezza delle proprie potenzialità, talenti e leadership al femminile;
– inserire nel sistema scolastico regionale, a partire dalle scuole primarie, progetti che promuovono le materie STEM per dare la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità, indipendentemente dal genere
FONTI
https://famiglia.governo.it Eurofound: “Aumenta nell’Unione europea il numero di padri che usufruiscono del congedo di paternità” Agosto 2019
https://europa.eu Diritto al congedo parentale nell’unione europea Giugno 2022