Votate Giorgia, La Repubblica: “Il nome sulla scheda non è vietato ma per i giuristi c’è il rischio ricorsi”

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Non c’è norma che la vieti, ma la mossa di Meloni per diventare “solo” Giorgia nel seggio elettorale si espone a una bocciatura senza sconti da parte dei giuristi“. La Repubblica in edicola oggi approfondisce la mossa dalla Premier, che in vista delle elezioni europee che la vedono in campo ha esposto agli elettori la possibilità di votare anche semplicemente indicando il solo nome, Giorgia appunto (ne abbiamo parlato qui).

Il quotidiano nazionale, in merito, ha raccolto il parere di esperti giuristi secondo i quali la pratica potrebbe aprire la porta a contestazioni al momento dello scrutinio. Viene ad esempio citato il costituzionalista della Sapienza, Gaetano Azzariti che ha posto la questione dell’eventuale caso di omonimia interno a Fratelli d’Italia.

Ma la decisione della premier è possibile o siamo di fronte all’ennesimo svarione istituzionale – si chiede nel suo articolo di approfondimento Liana Milella -? Un professore emerito di diritto amministrativo come Franco Gaetano Scoca la definisce «una scelta molto discutibile e che può far sorgere contestazioni». Poteva farlo? «Non c’è una norma che lo vieta, ma quel nome, Giorgia, in sé non dice che è una donna del popolo e comunque non è affatto detto che una donna del popolo debba essere chiamata per nome. In ogni caso stiamo sempre parlando della presidente del Consiglio».

Per Azzariti «siamo di fronte a un’evidente forzatura della legge elettorale che parla chiaro, solo il cognome, nome e cognome, se due cognomi anche uno solo dei due, e se c’è confusione tra omonimi ecco la data di nascita. Ormai gli esponenti di questo governo si ritengono legibus soluti, come dimostra il voto annullato e ripetuto sull’autonomia». Azzariti porta l’esempio di Marco Pannella, in cui vero nome era Giacinto, e quindi si candidava come Giacinto detto Marco Pannella. Qui nulla quaestio. Ma se il nome è già Giorgia Meloni, quel “detta Giorgia” è «solo una forzatura». Peggio: «Per demagogia viene piegata la legge elettorale e la lettera stessa della legge per uno scopo populista».

L’avvocato amministrativista Gian Luigi Pellegrino la definisce «una gran furbata, che però non si può fare, perché il soprannome non può essere lo stesso nome». Ed è convinto che «non si possa usare un sistema fatto per salvaguardare il voto per fare campagna elettorale perfino dentro la cabina». Ma quel “detta Giorgia” può essere bloccato? Secondo Pellegrino «gli uffici elettorali potrebbero non accettare quello che non è un soprannome, ma con questo clima non è probabile che lo facciano».

E parla di “frode elettorale” il costituzionalista di Perugia Mauro Volpi. «È vero che a legge legittima l’uso di uno pseudonimo o di un diminutivo o al limite del solo nome se il cognome è complicato o di difficile scrittura. Ma questo non è il caso di Giorgia Meloni. Nella sostanza c’è una frode agli elettori che deriva dal dire che lei è “una di loro”, il che corrisponde a una concezione populista e plebiscitaria che punta ad anticipare gli effetti del premierato».

Fonte: La Repubblica