Il 26 Giugno alle ore 12.00 alcuni attivisti di Welcome Refugees Vicenza e del Bocciodromo hanno messo in scena un flash mob di fronte al futuro comando di polizia locale di campo Marzio. Da tempo l’amministrazione comunale promettere di portare decoro e sicurezza nell’area. Come? Prendendo 185.000€ dal bilancio comunale per ristrutturare l’Ex biglietteria AIM, che diventerà il nuovo comando di polizia locale con cella di sicurezza annessa. In questa città i servizi sociali raschiano continuamente il fondo del barile, i ricoveri sono chiusi e centinaia di persone sono in strada. Per far si che queste persone non stazionino nel centro o facciano uso di sostanze, al posto di fornire servizi, l’amministrazione spende soldi per spostare la sede della polizia locale di qualche centinaio di metri. Campo Marzio è un parco presidiato da: polizia di stato, carabinieri, guardia di finanza ed esercito. Eppure la vendita di sostanze continua, con centinaia di consumatori dati per persi nella morsa dell’eroina. La mossa di investire risorse per aggiungere un corpo di polizia che ha sequestrato delle modiche quantità di sostanze è per guadagnare consensi, non per risolvere il problema.
Risulta ovvio che questo impianto di controllo e repressione non è ciò che serve a Vicenza: lo spaccio si sparpaglia per la città creando dei grossi problemi nelle zone periferiche.
I fondi stanziati per il sociale sono esigui rispetto alla necessità di soldi e servizi. I soldi pubblici vengono invece destinati inutilmente alla militarizzazione della città.
Dove sono i servizi di accoglienza notturna? Dove sono i fondi comunali per progetti abitativi che porterebbero molte persone via dalla strada? Per portare avanti i servizi di prevenzione? Meglio spendere centinaia di migliaia di euro in telecamere, pattuglie e comandi di polizia, sono facili promesse da fare ai cittadin*. Siamo di fronte ad un’amministrazione che non accetta critiche, e che non ha la minima idea di cosa fare con le persone in difficoltà se non fargli la guerra e che continua a fare finta di niente di fronte alla povertà dilagante effetto della pandemia.