Alla vigilia la cena termina al tramonto, dopo di che entra, sovrana, la solennità di Yom Kippur, che si differenza da altre ricorrenze ebraiche, perché è la più rispettata, anche quando cade durante lo Shabbat, ed è l’unica giornata durante la quale sono previste cinque preghiere rituali.
Yom Kippur, il Giorno dell’Espiazione, è il giorno più sacro ed importante del calendario ebraico. E’ un giorno di digiuno e preghiera, celebrato il 10 del mese di Tishrì dieci giorni dopo Rosh Ha-Hashanà, il Capodanno ebraico. Quest’anno la Vigilia inizia domenica 27 settembre, qualche minuto prima del tramonto e finisce al crepuscolo di lunedì 28.
Nulla nella vita è mai gratuito e per meritare il perdono la giornata è dedicata all’espiazione spirituale, con l’obiettivo di iniziare l’anno nuovo con una coscienza limpida, consapevoli che D-o perdona chiunque sia veramente rammaricato dei propri peccati e quindi, i finti pentimenti non sono accettati.
Una solennità spesso non compresa da entità estranee all’ebraismo, quasi ventisei ore di digiuno assoluto, magari in situazioni climatiche pesanti, ma il credere, la fede, il rispetto dei precetti aiutano in questo percorso. Yom Kippur è un “insieme” veramente ricco di significati e valori spirituali, è un concetto certamente più evoluto di quello della semplice ricerca di equilibrio interiore e di perdono tra l’individuo e D-o.
L’idea della purificazione si esprime, appunto, nel digiuno, che si pratica dalla sera della festività fino alla sera successiva. Digiuno, totale assenza dal lavoro (anche mentale) e preghiera sono i “diktat” di questa solennità. Yom Kippur è e rimane una giornata speciale, che mantiene il suo singolare carattere, molti ebrei che si dicono laici e non visitano mai una sinagoga durante tutto l’anno, in questo giorno speciale si recano alle preghiere rituali ed osservano il digiuno. Astensione totale da cibi e bevande e si rispettano altre proibizioni verso ogni piacere fisico, anche quello di lavare qualsiasi parte del corpo, denti compresi. Il digiuno, che perdura dal tramonto della vigilia fino al sorgere delle stelle della sera successiva, non è inteso solo come disagio, ma come un distacco da ogni tentazione che sottragga concentrazione alla preghiera e nell’introspezione richieste in questo giorno.
Gli ebrei religiosi dedicano tutta la giornata alla preghiera in sinagoga, che include un generale riconoscimento dei propri peccati, enumerandoli a piena voce. Una delle più importanti preghiere è Kol Nidrei, declamata dopo le parole di apertura della prima preghiera, che cancella ogni promessa e giuramento. E’ d’uso recarsi in sinagoga vestiti di bianco, simbolo di purezza, gli uomini calzano solo scarpe di gomma o di tela. (tratto da Hag Sameach, mia unica piccolissima operetta).
Il processo di teshuvà (ritorno a D-o), che inizia a Rosh Ha-shanà (Capodanno ebraico) e si protrae per tutto l’arco dei dieci giorni penitenziali, trova il suo coronamento nel giorno del Kippur, dove il giudizio di condanna o di perdono viene suggellato. Il significato essenziale di quest’eccezionale giorno dell’anno è sintetizzato nel verso della Torà: «Poiché in quel giorno il sommo sacerdote per purificarvi espierà per voi, di tutti i vostri peccati verrete purificati davanti al Signore» (Levitico XVI, 30).
Quest’anno sarà uno Yom kippur particolare… a distanza e questo non mi piace per niente, ma le regole vanno rispettate, mi mancherà la Berachà (benedizione) sotto il Talled di una Famiglia Amica, perché essendo io da sola, ogni anno vengo accolta da qualcuno che mi vuole bene.
E’ il primo Kippur distensivo con gli Emirati e il Bahrein dopo anni di muri, distensione che sembra non sia stata accolta con entusiasmo da molti media e pacifisti prezzolati. Pare ci siano altri stati arabi disposti a firmare una intesa con Israele ed io, che grande pacifista non sono mai stata (escluso un brevissimo periodo da Figlia dei Fiori, in adolescenza e subito ricreduta) ne sono bene felice. La pace è un dovere politico, apolitico, partitico e apartitico che incombe su tutti noi e, non arriva mai da sola, non arriva brandendo cartelli, facendo sit in fuori moda, manifestando per le strade (quella non è ricerca di pace, ma di socializzazione), la pace arriva solo dopo aver corretto la nostra condotta in maniera tale da non ricadere nello stesso errore: il Giorno del Kippur insegna anche questo!