Se solo Luca Zaia si esibisse un po’ meno in show quotidiani che lo inducono a frequenti contraddizioni lasciando zero spazio ai tecnici e accaparrandosi microfoni e telecamere preso com’è da un’ansia di apparire che, pure, è in contrasto con il pragmatismo dei suoi, numerosi, momenti buoni, noi più spesso evidenzieremmo che dei quattro presidenti leghisti del nord (Veneto, Lombardia, Piemonte e il più defilato Friuli Venezia Giulia) è quello che ha affrontato meglio (o meno peggio, dipende dai gusti) la pandemia sconosciuta del Coronavirus Covid 19.
Ma in lui l’insostenibile leggerezza dell’essere si scontra con l’irrefrenabile ebbrezza dell’apparire così tanto da fargli chiedere zone rosse, poi voler riaprire quelle venete, quindi, come era giusto, spingere perché a chiudere fosse tutta l’Italia; da fargli dire di non muoversi per più di 200 m da casa per poi passare a 201, 202, 203… perché i veneti sono gente seria salvo poi rimanere deluso dai picnic a gogo e minacciare una nuova clausura o chissà cosa.
Ed è così che, non avendo mani tentacolari così lunghe da poter stare a due metri, prima era… uno solo, di distanza da una cassiera del supermercato o da una farmacista o da un libraio e afferrane la “merce”, alcuni veneti se ne rimangono a casa e uno di loro, l’incisore e umorista vicentino Mauro Maruzzo, forse non l’unico, ma uno dei pochi coraggiosi di fronte al “governatore”, disegna un’altra vignetta “diabolica” e gliela dedica.
Di sicuro Zaia ne saprà sorridere lui che di sicuro avrà riso di se stesso per aver preso per vero il video di cinesi che mangiano topi e per buona la poesia del fantomatico storico greco Eracleonte da Gela perché, diceva Sant’Agostino, quello vero, “Beato chi sa ridere di se stesso, perché non finirà mai di divertirsi”.