Zaia e la conferma boom temuta dal lombardo Salvini che non ha facilitato l’autonomia veneta. Follesa, i tamponi lenti e lo tsunami da scongiurare

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L'unico evento che oggi i bookmaker non quotano è l'elezione per la terza volta di Luca Zaia alla guida della regione Veneto che potrebbe essere messa in dubbio solo in caso di uno tsunami ad oggi statisticamente ipotizzabile solo da un folle indovino di Marte, a cui consigliamo, caso mai, di dilettarsi solo nel prevedere se dalle urne del 20 e 21 settembre scaturirà una sua percentuale di consensi sopra o sotto il 70% dei votanti.

Ma la scommessa ancora più appassionante è se la sua lista supererà o meno di 10 punti quella doc della Lega di Matteo Salvini che a livello nazionale (non nel senso delle singole regioni alias nazioni che davano a questa parola i padri fondatori di una Lega che non c'è più) comincia a temere la concorrenza del 52enne politico di Conegliano.

Se le polemiche sull'efficacia del Mose e sull'utilità della Superstrada Pedemontana Veneta, con quelle sui costi futuri di gestione delle due opere, lo hanno solo minimamente sfiorato lo stesso è avvenuto per i dubbi comportamentali su alcuni suoi assessori e consiglieri, che gli sono scivolati di dosso come scorrono i pistoni nel motore della Mercedes di F1.

Non ha scalfito Zaia neanche la mancata attuazione dell'autonomia votata a stragrande maggioranza dai veneti alla fine della scorsa legislatura politica e che in Salvini al governo (e della veneta doc Erika Stefani alla guida del relativo ministero) pareva ovvio che trovasse il più robusto dei propulsori.

Se questo motore si è improvvisamente inceppato, come quest'anno quello della Ferrari, la mancata realizzazione del maggiore e più storico impegno politico di Zaia, l'autonomia del Popolo veneto appunto, non può non concedere un qualche spazio alla sua lettura non solo come un effetto della volontà del leader della nuova Lega di proporla non più come partito del nord ma di tutta quell'Italia, da cui Bossi & c. volevano distaccarlo in un qualche modo, dalla secessione al federalismo.

Lo stop all'autonomia, di fatto chiaro dopo i primi passi del governo giallo verde, appare anche come una mossa, più o meno conscia, del 47enne lombardo per frenare il successo di un competitor forte come Zaia e per giunta rappresentante di un Veneto che nel tempo e nella storia è stato sempre vittima più di Milano che di Roma come insegna anche quello che è successo dopo che la Liga Veneta è confluita, annullandosi, in quella padana.

È, infine, fuor di dubbio che Luca Zaia abbia rafforzando grazie alla gestione della pandemia del Coronavirus Covid 19 la sua immagine di presidente uscente vincente e, quindi, da confermare plebiscitariamente, anche grazie alla sua intelligenza camaleontica che gli ha consentito di trasformare i primi inciampi e incertezze nell'affrontare l'emergenza sanitaria prima nell'intuizione di abbracciare le indicazioni del prof. Andrea Crisanti, inizialmente sculacciato dall'allora braccio destro del presidente, Domenico Mantoan,  ora promosso all'Agenzia Italiana del Farmaco (promoveatur ut amoveatur?), salvo poi sovrastarlo mediaticamente ed allontanarsene a successo, almeno per ora, ottenuto (qui la storia).

È, quindi, sul campo più delicato e attuale della gestione della fase di temuta ripresa del Covid 19 che si concentrano le critiche degli avversari politici più combattivi come Massimo Maria Follesa, che da sempre "punta" Zaia sul tema della SVP e che si candida col Veneto che Vogliamo per Lorenzoni Presidente.

Proprio la recentissima positività al tampone del candidato di centro sinistra ha dato, quindi, lo spunto all'architetto e insegnante di Trissino (Vi) di sferrare un "attacco" a Zaia sulla promessa dei tamponi rapidi per tutti coloro che fossero entrati in contato con "positivi" al Coronavirus.

"Farsi fare un tampone dopo aver avvicinato un soggetto positivo al Covid-19 è un miraggio - esordisce Follesa -. Altro che i controlli a go go di cui il governatore Luca Zaia va starnazzando da mesi".

La "prova provata" per Follesa è una sua esperienza personale che ha documentato nel video che qui vi proponiamo: "Dopo essere stato molto a lungo a contatto (incontrato nell'Ovest Vicentino il 28 agosto, ndr) con Arturo Lorenzoni (risultato positivo al Covid in questi giorni) al sottoscritto è stata negata de facto la possibilità di essere sottoposto al tampone. Questo mi è stato comunicato da un cortesissimo addetto al servizio Covid regionale".

Il video che Follesa ha inviato ai media e ai possibili suoi sostenitori è quello con "la conversazione con l'addetto che mi sono preso la briga di registrare e commentare sul mio canale YouTube" e gli consente di "far notare che la realtà che emerge dalla vita reale in tema di contrasto al Coronavirus è distantissima dalle favolette raccontate dal pierre di tutti i veneti da mesi a questa parte".

Augurando un rapido ritorno alla normalità a Lorenzoni e sperando che Follesa e gli altri, che hanno incontrato il candidato padovano nei tempi in cui poteva trasmettere il virus, non  ne subiscano alcuna conseguenza anche per non alimentare un altro cluster di espansione del Covid 19 che in Lombardia e in Veneto, prima ancora che in Lazio e Campania, sta trovando una maggiore moltiplicazione, c'è da essere sicuri che Zaia terrà in buon conto questo video per le opportune verifiche che sia solo un episodio.

Questo parrebbero confermare anche le notizie appena diffuse dalla Ulss 6 Euganea sul tracciamento di tutti i percorsi seguiti dal primo settembre scorso da Arturo Lorenzoni: una ventina di contatti stretti nel territorio di competenza, e indicativamente altrettanti nei territori delle altre Ulss venete frequentati negli ultimi giorni.

Anche perché nessuno, neanche Follesa e avversari anche più determinati di lui, può umanamente augurarsi che scoppi lo tsunami della pandemia pur di vedere cinicamente sconfitto Luca Zaia e vincente il folle indovino di Marte.

Ne va di quel che rimane del concetto, arcaico, del bene comune.

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