Mentre a Roma c’è il “capitano” Matteo Salvini che fa cadere il governo più breve della storia repubblicana aprendo una nuova lunga campagna elettorale, nel Veneto, senza l’autonomia promessa e ripromessa dagli esponenti leghisti durante l’anno seguito al referendum, si scaldano i motori in vista delle elezioni regionali del 2020.
L’ennesima vittoria di Luca Zaia per il terzo mandato consecutivo pare in cassaforte, secondo i secondo i sondaggi che lo vedono uno dei presidenti di regione più amati d’Italia, anche se poco apprezzato dai medici vicentini ad esempio, ma ci sta pensando il Partito Democratico a servirgliela su un piatto d’argento dato che c’è il fuggi fuggi generale da una candidatura a rischio batosta tra gli esponenti veneti, dopo l’iniziale rifiuto di Achille Variati che ha scelto il comodo ruolo di regista ai vertici regionali ma nel quale però in tanti dem sperano ancora.
Ma se la strada pare spianata per una rielezione, Zaia tiene così tanto alla sua figura “immacolata” che è arrivata in questi giorni nelle città venete (nella foto il ledwall al tribunale Borgo Berga a Vicenza) la venerazione dei “compagni” della Lega, neanche fosse la “Madonna” invocata da Salvini, con un poster di ringraziamento per le Olimpiadi a Cortina e per le Colline del Prosecco dichiarate patrimonio Unesco.
La domanda che viene spontanea, dopo la sentenza definitiva sui 49 milioni spariti e che la Lega dovrà restituire sia pure in 76 anni e senza interessi e more (al nuovo grido di “prima i leghisti!“), è dove un partito, che già paga a rate un suo debito con lo Stato, cioè con i cittadini, trova i soldi per questo genere di pubblicità autocelebrativa?
Bisognerà chiederlo ai suoi esponenti sotto inchiesta per le presunte tangenti russe?