Zelensky, videoconferenza al parlamento italiano: rinnovata richiesta aiuti all’Ucraina e sanzioni contro la Russia, presenti, assenti

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Il presidente dell’Ucraina Zelensky ha parlato in videoconferenza al parlamento italiano riunito in seduta comune, come aveva già fatto nei giorni scorsi con i parlamenti di Germania, Israele, Canada, Regno Unito e Stati Uniti, oltre che al Parlamento Europeo (fonte Il Post, più tardi pubblicheremo i commenti che vorranno fare i 5 parlamentari vicentini, tutti da noi interpellati uno per uno, e cioè Pierantonio Zanettin, Silvia Covolo, Erik Pretto, Daniele Sbrollini, Cristina Caretta e Germano Racchella, ndr).

Come previsto – riassume Il Post -, il presidente ucraino ha cercato di sensibilizzare i parlamentari italiani a impegnarsi maggiormente nel sostenere l’Ucraina contro la Russia. Ha iniziato il suo discorso dicendo che «il popolo ucraino è diventato il nostro esercito» e ha ricordato i 117 bambini ucraini uccisi da quando è iniziata l’invasione, definendoli «il prezzo della procrastinazione» degli altri paesi nel fermare la guerra.

Ha poi parlato della situazione drammatica della città di Mariupol, invitando i parlamentari italiani a immaginare se quanto accaduto lì avvenisse in una città italiana di dimensioni simili, come Genova. Ha poi parlato delle ripercussioni che questa guerra avrà sull’economia italiana, e in particolare sul prezzo del grano, di cui l’Ucraina è tra i principali produttori al mondo. Infine ha chiesto al parlamento italiano di imporre nuove e più dure sanzioni nei confronti della Russia.

Il discorso di Zelensky era molto atteso, e non si è discostato particolarmente da quelli tenuti nei parlamenti degli altri paesi nei giorni scorsi. Zelensky sta utilizzando questi interventi per cercare di aumentare il sostegno nei confronti dell’Ucraina e chiedere maggiore impegno e aiuti, includendo ogni volta riferimenti puntuali legati alla storia e all’identità dei paesi a cui si rivolge. Tutto questo ha reso i discorsi di Zelesnky una sorta di “format”, con formule retoriche studiate accuratamente e modificate a seconda del pubblico.

Ufficialmente la seduta comune di oggi di Camera e Senato per il discorso di Zelensky è stata una riunione “informale”, senza obbligo di presenza, e non era previsto nessun voto, ma è stato comunque un evento notevole nella storia del parlamento italiano: prima di oggi solo due capi di stato avevano tenuto un discorso ai parlamentari riuniti tutti insieme, il re di Spagna Juan Carlos durante una visita a Roma nel 1998 e papa Giovanni Paolo II nel 2002. Il discorso di Zelensky è arrivato peraltro dopo l’apparente equivoco che, nei primi giorni di guerra, aveva portato il presidente ucraino a criticare il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, che a quanto sembra era stato poi chiarito pochi giorni dopo.

A causa dell’eccezionalità dell’evento, nei giorni scorsi era stata inviata una email ai parlamentari a cui rispondere entro lunedì, per confermare o meno la presenza. Diversi di loro avevano deciso di non partecipare, con varie motivazioni. La maggior parte dei parlamentari che non erano presenti aveva motivato l’assenza con motivi di lavoro o ragioni personali, altri avevano detto che non ci sarebbero stati in polemica con l’eccessiva esposizione mediatica di Zelensky, e altri ancora perché sono dalla parte della Russia

C’erano stati 17 parlamentari del gruppo L’Alternativa c’è, composto da fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle, che avevano definito l’intervento di Zelensky «una forzatura» e «un’operazione di marketing». Avevano motivato la loro assenza sostenendo che essere solidali con l’Ucraina «non significa dover assecondare una propaganda mirata ad alzare il tiro su richieste incessanti di interventi bellici come la no-fly zone o l’invio di truppe che comporterebbero per l’Italia e l’Europa l’ingresso ufficiale in un conflitto mondiale».

Tra gli altri assenti ce n’erano anche alcuni appartenenti al Movimento 5 Stelle, tra cui Davide Serritella, Vincenzo Presutto, Enrica Segneri. L’assenza più rilevante è stata soprattutto quella di Vito Petrocelli, presidente della Commissione Esteri del Senato, che nelle scorse settimane aveva anche votato contro la risoluzione sulla guerra in Ucraina e che ufficialmente sarà assente per motivi personali. Tra quelli che non fanno più parte del Movimento 5 Stelle non c’erano invece Nicola Morra, Emanuele Dessì e Gianluigi Paragone.

Non c’era nemmeno la senatrice del Gruppo misto Bianca Laura Granato, eletta con il Movimento 5 Stelle, che nei giorni scorsi aveva sostenuto che «Putin sta conducendo una importante battaglia, non solo per la Russia, ma per tutti noi, lui sta facendo questa battaglia perché non ha accettato l’agenda globalista che è stata imposta pure a noi, quindi a tutti gli Stati dell’Unione europea».

Nel centrodestra le assenze principali sono state nella Lega: erano assenti Vito Comencini, Claudio Borghi e Simone Pillon. Quest’ultimo, ufficialmente in missione a Londra, aveva comunque espresso forti perplessità sull’opportunità di far intervenire Zelensky. All’ANSA aveva detto che «dovremmo collocarci in una posizione adeguata per promuovere la pace. Vendere armi a una delle parti in conflitto non favorisce il dialogo. Potremmo e dovremmo essere tra i pochi privilegiati che dialogano con entrambe le parti, mentre così ci autolimitiamo».

Nel centrodestra non c’erano nemmeno Veronica Giannone e Matteo Dall’Osso, entrambi fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle e ora in Forza Italia. Giannone aveva detto di ritenere la presenza di Zelensky una “spettacolarizzazione” e che «molti colleghi sono rimasti spiazzati all’annuncio di questo collegamento». Dall’Osso invece aveva annunciato la sua assenza dicendo che invitando Zelensky «si dà visibilità solo a una parte», e che «fa bene» chi chiede di invitare anche il presidente russo Vladimir Putin.